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Viaggio tra magia e scienza: alla scoperta delle erbe spontanee in Valchiusella

Preparatevi per un'esperienza unica nel cuore della Valchiusella, dove magia e scienza si incontrano per celebrare il fascino delle erbe spontanee. https://www.giornalelavoce.it/evento/eventi/542208/viaggio-tra-magia-e-scienza-alla-scoperta-delle-erbe-spontanee-in-valchiusella.html


Prima dell’arrivo della sintesi chimica i malanni e anche i malocchi venivano curati con erbe e funghi in una suggestiva commistione tra scienza e magia. Qui non parlo dei rimedi magici come quello trovato in un libro dove si accusava una povera donna di stregoneria perchè questa per proteggere dal malocchio, ammorbidiva con latte di capra dei semi di vaniglia e poi li strofinava sui polsi di chi veniva a chiedere aiuto, oppure per tenere lontano gli incubi notturni consigliava allora un rimedio costoso ai tempi, una dose di pepe, molto caro allora, forma di mezzaluna ai piedi del letto li teneva lontani. Anticamente il sottile confine tra medicina e magia era molto labile, e poi se pensiamo all’antichità mi vengono in mente le affascinanti figure di maghe, quali Circe, Medea, Calipso, ma anche le Sibille e le Pizie.

Nella maggior parte dei casi le figure femminili e solitamente definite “maghe” erano delle vere e proprie sciamane, ovvero guaritrici, erboriste, e forse in qualche modo anche Maghe.

Queste maghe erano delle donne che detenevano la conoscenza delle cure con le piante e dell’interpretazione dei sogni attraverso lo stato di trance. Erano figure femminile già attive che si dedicavano già nel periodo paleolitico alla raccolta di piante e di frutti mentre gli uomini erano dediti alla caccia dei grandi erbivori. Le donne nel corso dei millenni acquisirono sempre di più la conoscenza delle piante benefiche e di quelle velenose per noi esseri umani.

Tuttavia non dobbiamo dimenticare che anche molti sapienti di sesso maschile ricoprirono il ruolo di maghi e guaritori, corne ad esempio i famosi “re Magi" dell’antica Persia. Allora la cura attraverso le piante, la base delle farmacologia, era ancora legato a presunte pratiche magiche, che poi molte volte era il reale beneficio delle piante che veniva traghettato con l’utilizzo di rituali, come magia.

La magia continuò a essere una pratica molto diffusa, temuta e apprezzata al tempo stesso, per tutta l’epoca romana, finchè il cristianesimo, divenuto religione ufficiale, ne proibì la pratica che divenne clandestina. Nel corso della storia umana l’utilizzo di piante spontanee presso le antiche civiltà del bacino Mediterraneo, così come in estremo Oriente, nel Nord Europa e nel Nuovo Continente, la credenza nell’efficacia degli incantesimi o dei filtri era così molto forte e fino a epoche recenti si confuse e si sovrapposte alla vera e propria fitoterapia.

Alle piante venivano attribuiti straordinari poteri magici, già presso gli Antichi Greci, per i Micenei e nella Creta minoica il papavero e il melograno erano associati alla dea madre terra Potnia Theron, signora degli animali, citata da Omero, e le erbe sopra citate erano adoperate nei riti di iniziazione, di morte e di rinascita.

Con il passare dei secoli la conoscenza delle proprietà magiche delle piante nei suoi aspetti più nascosti divenne la culla dei saperi negromantici, un intreccio tra medicina e magia, portando avanti nel tempo un arcaico filo conduttore con il culto della dea maga lunare Ecate/Diana.

La conoscenza delle proprietà magiche delle piante è attestata anche da Plinio il Vecchio che racconta che molte erbe avevano poteri magici e venivano usate come amuleti.

Lo studioso romano spiegava come queste erbe venivano raccolte in segreto vicino ai fiumi e ai ruscelli e tenevano lontano il rialzo termico, se il malato le portava in un amuleto nel braccio sinistro.


Secondo lo storico greco Erodoto, i giunchi erano invece in grado di conferire l’immortalita. Presso il popolo degli Sciti, gli indovini usavano le verghe di salice per profetizzare il futuro. Secondo lo storico romano Giuseppe Flavio una persona di nome Elazaro esorcizzò diversi posseduti di fronte all’imperatore Vespasiano mediante le radici di una pianta di cui Salomone aveva trasmesso le magiche virtù. Secondo alcuni studiosi l’erba in questione potrebbe essere l’elleboro. Anche nel Medioevo era diffusa l’attribuzione di virtù magiche alle piante. Lo studio di queste piante prese corpo nella tradizione nei monasteri che studiarono la virtù delle erbe a fini terapeutici. L’arte di guarire era uno degli obiettivi fondamentali dell’alchimia ben prima di Paracelso, considerato di solito il fondatore della farmaceutica a questi si confondevano rituali magici e miscugli di ingredienti che producevano miscele per soddisfare qualsiasi necessita, la peonia proteggeva da streghe e iettatori, la mirra migliorava le capacità psichiche, la liquirizia poteva attrarre la persona amata, il pepe nero scacciava le negatività e gli spiriti maligni, mentre i semi d’uva stimolavano la fertilità. Le proprietà psicoattive e medicinali delle piante erano utilizzate ed hanno ispirato anche la magia psichedelica. I guaritori medievali spesso utilizzavano erbe psicoattive, contribuendo allo stereotipo delle streghe avvelenatrici. 

Gli unguenti delle maghe avevano fama di provocare allucinazioni che permettevano di volare e mutare forma. L’utilizzo di queste sostanze non è però una prerogativa medieval, già il mondo antico è pieno di testimonianze legate a ricette a base di erbe psicoattive, quali peyote, salvia, belladonna, funghi allucinogeni, mandragola e loto blu.

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